Mi presento

Mi chiamo Claudia Campanella.

Sono Psicologa clinica dello sviluppo e delle relazioni.

Sono iscritta all’Albo degli Psicologi della Puglia, al numero 6676.

Sono anche Pedagogista e Consulente genitoriale, e attualmente mi sto specializzando in Psicoterapia Relazionale e Familiare, presso l’Istituto Change.

Sono nata il 26 gennaio del 1978 e vivo a Putignano, in provincia di Bari, con mio marito, Tiziano Angelini e i miei due figli, Martina e Francesco.

Svolgo attività clinica principalmente con le famiglie: con i minori, gli adolescenti, i giovani adulti, e con i loro genitori.

I migliori maestri sono quelli che ti indicano dove guardare,
ma non ti dicono cosa vedere.
A. K. Trenfor

L’illusione più pericolosa è quella che esista soltanto un’unica realtà.
PAUL WATZLAWICK

Aggiusta l’interno
e l’esterno si aggiusterà da solo.
Siddharta

Il mio orientamento è prettamente sistemico relazionale.

Secondo questo approccio, anche quando il problema è presentato da una singola persona, viene valutato sempre nell’ottica della complessità, e di conseguenza a livello sovra-individuale.

Nello specifico, ci si muove sia sull’asse orizzontale, sincronico, delle relazioni significative attuali, sia su quello verticale, diacronico, della storia e delle vicissitudini intergenerazionali e transgenerazionali. Tale prospettiva considera le origini di qualsiasi forma di disagio psichico di natura multicausale, e valuta i fenomeni e gli eventi in maniera multidimensionale. Il tutto, basandosi su dati tanto esterni quanto interni alla persona, che vengono coniugati fra loro: relazioni e individuo; sistema ed emozioni; fatti concreti e significati simbolici; relazioni primarie precoci e giochi relazionali in atto.

Sono profondamente convinta che l’intrapsichico e il relazionale siano due aspetti complementari e in grado di valorizzarsi vicendevolmente. In un’ottica di reciproca influenza e dipendenza.

In una qualsiasi richiesta di aiuto è necessario, dunque, porre attenzione tanto ai fattori individuali quanto a quelli contestuali, e pensare ad un individuo che è sempre “in relazione”, abbracciando un certo numero di persone che abbiano (nel qui ed ora), o abbiano avuto (nell’infanzia o nella storia intergenerazionale), un significato importante per lui.

Accanto al focus sul singolo, con le sue caratteristiche e le dinamiche interne, è necessario dunque che l’indagine si allarghi, con un’attenzione particolare a tutti i componenti del sistema. Mantenendo sempre come metamodello l’ottica trigenerazionale.

In tale contesto metodologico, ogni difficoltà della persona va letta all’interno della sua fase del ciclo di vita, e del suo sistema di relazioni, passate e presenti. In un’ottica intergenerazionale (intesa come trasmissione di esperienze, vissute e raccontate, in qualche modo “visibili”, ovvero modelli di attaccamento, stili di allevamento e accudimento, esperienze educative, modelli relazionali) e transgenerazionale (elementi trasmessi “tacitamente” attraverso il non detto, come segreti, traumi non elaborati, eventi non narrabili). Un sistema relazionale esteso, che possa andare anche oltre i membri della famiglia. Che contempli tutte le altre figure significative con cui la persona è stata ed è coinvolta. La storia individuale, dunque, viene approfondita attraverso la storia familiare e la storia relazionale.

Teoria dell’attaccamento, teorie psicodinamiche, teorie sistemiche. Tutte contengono al loro interno un fil rouge che le avvicina: il presente è illuminato dal passato. I sintomi di un individuo sono quasi sempre esito della storia di ieri; i problemi di un bambino sono spesso legati all’infelicità o alle difficoltà dei genitori. Difficoltà che altro non sono se non il prodotto delle loro infanzie difficili e infelici. Il cerchio rischia dunque di non chiudersi mai, e di attraversare più generazioni.

È proprio per questo che si incoraggia la persona, in certi momenti, ad esplorare il proprio passato. È proprio questo che getta luce sui suoi modi attuali di sentire e di vivere.

Attraverso la ricostruzione narrativa della propria storia familiare, in ottica trigenerazionale, è possibile ottenere  la co-costruzione di una nuova conoscenza, dotata di senso, in cui possono emergere nuovi significati della propria esperienza. Senza la pretesa di creare del passato un’immagine idealizzata, e per ciò deformata. Ma con l’obiettivo di poter ottenere una visione consapevole e realistica di quanto accaduto.

E’ un processo che allarga il proprio punto di vista, singolare e limitato, ad uno sguardo più ampio, che abbraccia il punto di vista dell’altro.  E se necessario, il percorso di conoscenza di sé e  di superamento delle proprie difficoltà si potrà realizzare attraverso la TERAPIA DEL PERDONO.

IL MIO PERCORSO FORMATIVO ED ESPERIENZIALE

Il mio incontro con la psicologia è stato una sorta di amore a prima vista. Come disciplina, però, non è stato il mio primo percorso di studi accademici.

Nel 1996 mi sono iscritta alla facoltà di Pedagogia, all’Università degli Studi di Bari, in quanto il corso di studi in Psicologia nella mia regione non era ancora stato istituito. Così, ho ripiegato su un corso di laurea affine. Pedagogia e Psicologia sono, per me, parenti di primo grado.

Come regalo di laurea, sono partita in Tanzania per un campo di lavoro con i Missionari del Preziosissimo Sangue e ho imparato che il nostro modo di vedere la realtà non è né l’unico né il migliore.

Al ritorno da questa splendida esperienza ho iniziato a lavorare, come educatore professionale, nel campo dei minori. Contemporaneamente, mi sono iscritta alla facoltà di Psicologia. Nel 2007 mi sono laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche, e nel 2010 in Psicologia Clinica dello Sviluppo e delle Relazioni, sempre all’Università di Bari.

Nel 2020 mi sono perfezionata, attraverso un corso universitario di alta formazione, come “Consulente Familiare”.

Il mio percorso formativo come “Consulente Familiare” e la mia scelta di diventare terapeuta della famiglia (quest’ultimo itinerario, come detto, ancora in corso), nasce e si sviluppa grazie ai miei due figli: Martina e Francesco.

Quando ero piccola, e mi chiedevano cosa volessi fare da grande, rispondevo sicura: “LA MAMMA!”. Quando mamma, finalmente, lo sono diventata, la teoria non mi bastava: l’esperienza vera, sul campo, era difficile, anche con la teoria nella mente. Nella pratica nessuno ti insegna ad essere un buon genitore. Quante domande, quanti dubbi…

Questa difficoltà ha dato vita sia ad un processo di consapevolezza dei miei propri limiti e di vicinanza agli altri genitori in difficoltà, sia ad un percorso di formazione, sempre più attinente a questo mio anelito di diventare “migliore”.

Iniziereste a costruire una casa, senza una laurea in ingegneria?

Salireste su un aereo guidato da un pilota improvvisato?

Questo è quello che facciamo con i nostri figli, quando ci ritroviamo ad essere genitori. Sono loro che ci permettono di diventarlo, che ci trasformano in padri e madri, ma chi ci ha mai insegnato ad esserlo? Lo diventiamo perché capita, perché lo desideriamo, non perché ne abbiamo le capacità.  Le capacità possono, però, essere apprese. Ed è proprio questa la mia mission: lavorare nel campo della prevenzione primaria, secondaria e terziaria, con i genitori e i loro figli, bambini, adolescenti o giovani adulti.