“Se una comunità civile vuole tutelare i bambini, deve proteggere i loro genitori”
J. Bowlby
GENITORIALITA’
Nessun bambino nasce e cresce da solo.
Nessun bambino esiste senza gli altri, senza relazioni.
Lo sviluppo umano si realizza sempre in un contesto sociale e relazionale.
Ogni bambino, ogni essere umano, esiste in relazione. Alla sua mamma, al suo papà, alla sua famiglia allargata, ai suoi insegnanti, ai suoi amici e “nemici”.
Tutto è relazione. Tutto è relazioni.
In ogni istante della nostra vita siamo in relazione.
Estratto da Una base sicura di BOWLBY
“Essere genitore con successo significa lavorare molto duramente.
Occuparsi di un neonato o di un bambino che fa i primi passi è un lavoro che impegna 24 ore al giorno per sette giorni alla settimana, e che spesso crea molte preoccupazioni. E anche se il carico di lavoro si allevia un po’ man mano che i bambini crescono, se si vuole che crescano bene è ancora necessario fornire loro moltissimo tempo e moltissime attenzioni. Per molte persone oggi queste sono verità sgradevoli. Dare tempo e attenzioni ai bambini significa sacrificare altri interessi e altre attività. E tuttavia credo che le prove di quanto sto dicendo siano indiscutibili. Infiniti studi attestano che gli adolescenti e giovani adulti sani, felici e fiduciosi in se stessi sono il prodotto di famiglie stabili, in cui entrambi i genitori forniscono ai propri figli una grande quantità di tempo e di attenzioni.
Voglio anche sottolineare che, nonostante pareri contrari, occuparsi di neonati ed i bambini non è un lavoro per una persona singola. Se il lavoro deve essere fatto bene e se si vuole che la persona che primariamente si occupa del bambino non sia troppo esausta, chi fornisce le cure deve ricevere a sua volta molta assistenza”.
Paradossalmente ci sono volute le società più ricche del mondo per ignorare questi fatti fondamentali. Le forze dell’uomo e della donna impegnate nella produzione dei beni materiali contano come attivo in tutti i nostri indici economici. Le forze dell’uomo e della donna dedicate alla produzione, nella propria casa, di bambini sani, felici e fiduciosi in se stessi non contano affatto. Abbiamo creato un mondo a rovescio[1]”.
[1] J. Bowlby, Una base sicura, Raffaello Cortina Editore, 1988, pp.1-2.
Noi siamo il frutto di una storia relazionale. Di ciò che gli altri hanno fatto e detto. Ogni nostra capacità (ma anche incapacità) deriva principalmente dalle cure di chi si è occupato di noi, producendo quella particolare espressione epigenetica che ciascuno è.
Ogni essere umano è un insieme di potenzialità genetiche, che si dispiegheranno o si eclisseranno sulla base delle condizioni ambientali.
Ciò che siamo è conseguenza del nostro essere parte di qualcos’altro che ci precede e ci circonda. E che almeno all’inizio non abbiamo scelto.
I primi anni di ogni bambino, con tutte le relazioni di cura che vive, giocano un ruolo fondamentale nello stabilire le fondamenta dell’adulto.
Oggi sappiamo con certezza che il bambino che ha la fortuna di nascere e crescere in un contesto in cui è materialmente e psicologicamente ben nutrito e protetto funzionerà abbastanza bene anche da adulto: sarà più facile per lui volersi bene e accettare anche le proprie fragilità; sarà più capace di discernere quando e chi amare, proteggere, aiutare; saprà come e quando difendersi; avrà meno opportunità di far ammalare il proprio corpo; sarà capace di superare ogni difficoltà, lutto o trauma.
LA CURA DEI BAMBINI GENERA ADULTI SANI. MA PER CURARE I BAMBINI BISOGNA PARTIRE DAI LORO GENITORI.
ASPETTO DEL TRIGENERAZIONALE
Ognuno di noi potrebbe porsi queste domande:
-Nel complesso, in che modo penso che le esperienze con i miei genitori nel passato abbiano influenzato il mio modo di essere oggi?
-Come penso che la storia con i miei genitori possa influenzare la mia relazione, oggi, con il mio bambino?
Questo perché penso che la genitorialità non possa essere compresa se non analizzata in una prospettiva temporale di tipo trigenerazionale. E’ necessario analizzare e prendere in considerazione tre differenti interfacce. La prima è di tipo “orizzontale”: connette ciascuno con il proprio compagno e descrive quindi le fragilità e le risorse di singoli individui, del sistema coppia, del gioco in atto. Le altre due, “verticali”, considerano ciascun individuo, ciascun coniuge, sia in quanto figlio dei propri genitori, sia in quanto genitore dei propri figli.
Ad esempio: la difficoltà di un bambino (primo livello generazionale) non può non essere messa in relazione alla condizione della mamma (secondo livello generazionale) che deve il suo modo di essere, ad esempio, al sentirsi sempre sotto esame e criticata dalla propria madre, la nonna del bambino (terzo livello generazionale) e non sufficientemente coadiuvata dal proprio marito (secondo livello generazionale).